A Latronico nasce un progetto d’arte contemporanea che ha dato vita ad una collezione “a cielo aperto”. L’Associazione Vincenzo De Luca, nata nel 2005 in memoria dell’artista lucano scomparso prematuramente, ha dato avvio ad un’azione di “recruiting” di artisti su tutto il territorio nazionale, per supportare e mantenere viva la memoria di Vincenzo nel suo territorio d’origine. L’idea si è ben presto trasformata in un progetto di arte pubblica che per dieci anni ha visto alternarsi molti artisti che insieme alla cittadinanza hanno dato vita ad una serie di interventi permanenti distribuiti in tutto il centro storico del paese. A Cielo Aperto è un progetto che punta alla creazione di un museo diffuso, trasformando Latronico in un luogo in cui l’arte si occupa di studiare, conservare, valorizzare e presentare la memoria collettiva, della comunità e del suo territorio.
Nel decimo anniversario della rassegna artistica viene pubblicato il volume A Cielo Aperto. Pratiche di collaborazione nell’arte contemporanea a Latronico, a cura di Bianco-Valente e di Pasquale Campanella, un’ulteriore opera condivisa, un testo prezioso in cui convergono riflessioni, istanze e contributi degli attori che hanno preso parte a questo complesso evento fatto di arte ma soprattutto di relazioni.
Il progetto ha creato un microcosmo in cui arte e vita si fondo offrendo a chi vi inciampa una dimensione al di sopra del tempo e dello spazio, le opere sono il simbolo di un territorio indefinibile, in continua trasformazione, proprio come quello artistico. Del resto, la stessa definizione di «arte pubblica» racchiude in sé infinite sfumature e una serie di contraddizioni che non consentono di delimitare rigidamente il raggio d’azione dell’arte che nel caso specifico, ad esempio, nasce da una politica di condivisione in cui l’atto partecipativo si riversa nello spazio pubblico facendo a meno del supporto finanziario dell’Amministrazione comunale e delle Istituzioni che invece vi prendono parte attraverso altre forme di intervento e sostenendo anche una ormai radicata pratica dell’accoglienza.
Soprattutto nel periodo estivo, infatti, Latronico si trasforma in una residenza artistica, l’intera comunità accoglie artisti, musicisti, critici e mediatori culturali che si inseriscono nella vita del paese immergendosi completamente nel tessuto sociale e nella memoria del luogo, generando così nuovi punti di contatto tra arte e vita e innumerevoli spunti di indagine, riflessioni che prendono vita nelle opere ma anche nei saggi critici, raccolti per la recente pubblicazione, a firma di Maria Teresa Annarumma, Pietro Gaglianò, Elio Grazioli, Marco Petroni, Alessandra Pioselli, Leandro Pisano, Pietro Rigolo e Gabi Scardi.
Il testo di Maria Teresa Annarumma, dal titolo apparentemente ironico: Latronico è più grande di New York, pone l’accento sul rapporto tra Locale e Globale e partendo dalla convinzione di una profonda vocazione storica e sociale dell’arte, evidenzia quanto l’attenzione al locale sia necessaria per comprendere dinamiche e potenzialità di crescita collettiva che nelle megalopoli come New York si annullano in un processo di «spersonalizzazione in qualsiasi tipo di pratica, da quella commerciale a quella politica» creando così «senso di distanza e di sfiducia, dovuta ad una progressiva perdita di contatto con la dimensione personale del sociale». Le piccole realtà diventano dunque osservatori in cui è possibile ritrovare e recuperare quella dimensione relazionale necessaria alla conservazione e alla valorizzazione della memoria collettiva, unico antidoto a quel consumismo identitario che corrisponde all’imperativo categorico “Consumo, dunque sono” di cui scriveva Bauman, parafrasando Cartesio.
Marco Petroni ne La politica del sottile, riflette, invece, sulle diverse declinazioni del concetto di comunità e ravvisa in A Cielo Aperto uno stimolo all’avvio di un circolo virtuoso, un sistema di fiducia che determina “un’economia del dono capace di creare una comunità pura che non cerca il conflitto con le istituzioni e con gli abitanti ma una relazione alternativa basata sulla trasmissione di conoscenza attraverso l’arte contemporanea”.
Per Gabi Scardi A Cielo Aperto è l’esempio concreto dello stretto e intenso rapporto tra l’arte e l’antropologia poiché, come lei stessa scrive, «la componente etnoantropologica è parte della cornice progettuale complessiva del progetto» e che punta a «riconquistare, reinventare, rigenerare continuamente il tessuto materiale, ma soprattutto quello immateriale, simbolico e relazionale di cui disponiamo».
Quelle di Maria Teresa Annarumma, Marco Petroni e Gabi Scardi sono solo alcune delle stimolanti prospettive critiche che analizzano l’evento artistico come punto di intersezione tra le direttrici che collegano Latronico al mondo e l’arte alle disparate forme di conoscenza creando un rapporto osmotico con le scienze umane, l’economia e la geografia senza mai perdere di vista i concetti chiave su cui si fonda il progetto, tra cui quello di identità e di partecipazione presenti nei lavori realizzati con e per la collettività e accuratamente descritti nel volume. Tra questi, l’opera Una bandiera per Latronico di Eugenio Tibaldi, coinvolge i cittadini nell’ ideazione, progettazione e realizzazione di una bandiera che rappresenti Latronico, un simbolo in cui tutti gli abitanti del luogo vi si riconoscano, «una bandiera che come tale possa contenere le tensioni e le conquiste di chi si sente rappresentato e sventolare, diventando testimone muto di un sentire sociale», come chiarisce l’artista in un testo compreso tra le pagine di A Cielo Aperto.
Cènte di Wurmkos è un lavoro basato sull’intenso rapporto tra arte e territorio, un vero e proprio lavoro di scavo, una ricerca che parte da antiche usanze, la creazione delle cènte, appunto, che divengono piccoli monumenti, «sculture indomabili», l’alterego di chi le realizza e che infine convogliano in un «corteo festoso» che segna e modifica lo spazio, interagendo con il luogo, la comunità e la memoria.
Il duo Bianco-Valente, infine, affronta la problematica dell’emigrazione, fenomeno fortemente sentito a Latronico, con l’opera Ogni dove: una grande scritta di metallo verniciato di bianco che campeggia sul versante del promontorio su cui si erge il borgo antico del paese. Si tratta di «una linea di senso che altera la normale percezione che le persone hanno di quel paesaggio o di quel contesto», come sostengono gli stesi artisti nell’intervista a cura di Elena Giulia Rossi presente nel libro. Il lavoro di Bianco e Valente si configura dunque come una enorme cartolina indirizzata a chi lascia il luogo di origine ma anche a chi ha deciso di restare e più in generale al flusso continuo di persone che superano limiti e confini alla ricerca di nuove prospettive di vita. La scritta sovrimpressa al paesaggio «evoca i tanti luoghi reali o immateriali in cui le persone vivono o lasciano tracce del passaggio» perché ciascuno può ritrovare in «ogni dove» una parte di sé. A Cielo Aperto, non è soltanto un testo che racchiude frammenti di un’esperienza complessa, lunga ed intensa ma uno strumento di conoscenza e di indagine, un’opera aperta.
Bianco – Valente e Pasquale Campanella, «A Cielo Aperto. Pratiche di collaborazione nell’arte contemporanea a Latronico»
postmediabooks, Milano 2016
immagini (cover 1) Bianco-Valente, Ogni dove, 2015 (2) A Cielo Aperto – Copertina (3) Eugenio Tibaldi, Una bandiera per Latronico, 2010-2011.