L’arte occidentale affonda le sue radici nel mondo classico e in quella filosofia che nasce «sotto il segno dell’acqua», sulle rive del mar Egeo e dello Ionio, estendendosi poi a tutto il Mar Mediterraneo, permeata da quel fluido che, come già sosteneva Talete, costituisce l’ origine del mondo. Il pensiero, principio della pratica artistica, ha, proprio come il mare, un moto incessante e la capacità di tenere insieme saperi diversi. Il mar Mediterraneo ne è la perfetta metafora, è infatti un bacino di idee e di visioni eterogenee che da sempre incide sugli equilibri globali; è ad un tempo l’emblema della diversità e dell’uguaglianza, spazio del possibile e del compromesso, rappresenta il non-luogo di una improbabile cartografia razionale, che, seguendo le logiche della società moderna, prova a tracciarne i confini. Il mare nostrum è quindi una contraddizione in termini, uno spazio concreto e immaginario in continuo divenire, un’eterotopia, per dirla con Foucault, che mette in discussione i processi di significazione e di inclusione costringendoci a ripensare i suoi limiti concreti, sociali, politici e culturali.
L’arte che riflette sulla questione mediterranea sfida la sua complessità provando ad analizzare le sue incoerenze, come nell’opera di Michelangelo Pistoletto, Tavolo Love Difference, che apre la mostra «Coast to Coast», a cura di Ludovico Pratesi e Chiara Pirozzi, presso gli spazi della Galleria civica Kortil di Fiume. Il lavoro nasce dall’assunto che il Mediterraneo è un insieme assolutamente variabile che si arricchisce delle sue stesse disuguaglianze, è infatti uno stimolo al confronto interculturale e alla nascita di nuove intese, un luogo di dialogo, una superficie specchiante che rinvia allo stesso gioco di riflessi che caratterizza la zona del Mediterraneo, dove riverberi di culture distanti si insinuano in spazi e tempi senza confini.
Si tratta di un piano che riporta in negativo la configurazione del mare di mezzo attorno al quale sono collocate diverse sedute identificative delle terre e delle culture che rappresentano. L’installazione esorta il pubblico a sedersi per partecipare attivamente ad uno scambio, un dibattito sui «luoghi comuni» tra orizzonti diversi, contribuendo ad una riflessione sull’identità, concetto spesso confuso con quello di «identità nazionale» che, come sostiene il sociologo Zygmunt Bauman, «è un concetto agonistico e un grido di battaglia».
Segue l’opera di Pistoletto il lavoro di Moio & Sivelli che per Coast to Coast presentano Like a seagull un’ analisi in divenire della porzione di mare tra l’Italia e i Balcani, una parte del grande mosaico mediterraneo, quella più «intima», come la definisce Predrag Matvejević nel suo Breviario Mediterraneo: «Il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità», pensando alla natura più raccolta del mare Adriatico che come «un Mediterraneo ridotto» (Fernand Braudel) conserva tutte le sue contraddizioni e la capacità di formare identità mutevoli, figlie di mondi distinti eppure legate a doppio filo tra loro grazie alla contaminazione culturale e alla condivisione degli spazi.
Proprio seguendo le suggestioni di Matvejevic la ricerca degli artisti partenopei muove dai porti come luoghi della coscienza dei popoli e tende ad indagare la complessità del rapporto tra la rappresentazione dello spazio e la sua esperienza diretta. La serie di video-installazioni è la narrazione per immagini dei viaggi compiuti dagli autori attraverso gli scali dell’Adriatico (Bari, Ancona,Venezia, Trieste e Fiume) che diventano le interfacce delle diverse culture di cui l’orizzonte è il comune punto di connessione. L’occhio della telecamera, simulando il volo di un gabbiano, plana sui porti e ne registra il lavorio incessante, il dinamismo e il costante scambio con «l’altro». Il lavoro declina la mediterraneità non solo attraverso le immagini che caratterizzano le aree prese in esame ma anche attraverso lo studio della luce e dei colori che le distinguono. Gli still dei video diventano così dipinti digitali che restituiscono un colorismo che rimanda a parte della più antica tradizione pittorica mediterranea, veicolando emozioni e suggestioni al di là di una riduzione cognitiva. La pratica dello stop-motion nel contempo supporta la sospensione temporale delle aree esplorate e ne ristabilisce la materialità attraverso la patina di silicone industriale che cattura le proiezioni offrendo un’ immagine evanescente delle identità indeterminate che abitano quelle «zone franche».
La mostra, organizzata dall’Università Popolare di Trieste e l’Unione Italiana in collaborazione con il Consolato di Italia a Fiume, in occasione della 15a «settimana della lingua italiana nel mondo», mette in relazione le ricerche di artisti italiani che attraverso un confronto intergenerazionale contribuiscono allo studio della questione mediterranea offrendo nuovi e diversi punti di vista da cui osservare il mare, d’altronde lo stesso Matvejevic scrive: «Il mare non lo scopriamo da soli e non lo guardiamo solo con i nostri occhi. Lo vediamo anche come lo hanno guardato gli altri, nelle immagini e nei racconti che ci hanno lasciato: veniamo a conoscerlo e lo riconosciamo al tempo stesso».
immagini (cover – 1) Moio & Sivelli, Like a seagull, Fiume, Video still (2) MOIO&SIVELLI-LIKE A SEAGULL Bari-stampa fujichrome su alluminio gommato-silicone-cm90x50cm-2014 (3) MOIO&SIVELLI-LIKE A SEAGULL Venezia-stampa fujichrome su alluminio gommato-silicone- cm 90 x 50 cm – 2014 (4) Michelangelo Pistoletto, Tavolo Love Difference, installation view (5) MOIO & SIVELLI – LIKE A SEAGULL Bari – videoproiezione su silicone – 2014 (6) MOIO & SIVELLI – LIKE A SEAGULL Ancona – stampa fujichrome su alluminio gommato, silicone. cm 90 x 50 – 2014