Gian Maria Tosatti (Roma, 1980) nella sua ricerca si concentra sul dialogo tra l’uomo e lo spazio, inteso come spazio architettonico e luogo della memoria ma anche indispensabile «piano condiviso» , zona di contatto tra l’artista e la società. Il suo lavoro si costruisce essenzialmente sull’intersezione di due piani, quello fenomenico e quello metafisico che danno vita ad una esperienza unica e soggettiva. Le opere, in genere, nascono in costruzioni abbandonate, intrise di storia, segnate dal passaggio del tempo, luoghi in cui si è cristallizzata la presenza di chi lo ha vissuto: è qui che l’artista crea uno «scenario» suggestivo, a tratti scoraggiante, che immerge il visitatore in una miriade di stimoli sensoriali trasportandolo inevitabilmente in un percorso introspettivo. Tosatti è un esploratore della condizione umana; tutta la sua indagine si basa sullo studio dell’identità e attraverso una riscrittura percettiva dell’ambiente mira a costruire degli «specchi di sintesi» che, come una cartina di tornasole, rivelano al visitatore la proiezione di sé stesso.
«Gli spazi che scelgo hanno un loro magnetismo, qualcosa di difficile da spiegare, ma che si lascia riconoscere», afferma l’artista, che questa volta individua Napoli come territorio fertile per le sue ricerche. Il progetto, a cura di Eugenio Viola, si intitola Sette Stagioni dello Spirito, avrà una durata biennale e coinvolgerà l’intera città, esaminando da vicino le sue infinite contraddizioni. Come Caravaggio ne Le sette opere di Misericordia, presenta un’istantanea della società contemporanea, dando luogo a «situazioni emotive» che coinvolgono il pubblico in una riflessione sull’ attuale e problematica condizione comune, sulla crisi globale e quella individuale che ne è all’origine. Ispirato da Il Castello interiore di Santa Teresa D’Avila, Tosatti concepisce un lavoro che si suddividerà in sette «dimore» che rappresentano altrettanti luoghi dello spirito, un cammino di conoscenza che trasforma la città in un’ ampia metafora dell’essere umano.
La prima tappa di questo lungo itinerario è la chiesa dei SS. Cosma e Damiano in Largo dei Banchi Nuovi che chiusa dalla Seconda Guerra Mondiale, riapre per ospitare 1_La Peste, un installazione ambientale che agisce sulla precarietà del sito e diventa allegoria dell’attuale crisi di coscienza di cui siamo ad un tempo vittime e carnefici, appestati ed untori. L’opera «stratigrafica» si distribuisce sui tre piani dell’edificio e mira a toccare i diversi livelli della coscienza di chi l’attraversa. La chiesa è disseminata di simboli, simulacri, feticci attraverso cui ciascuno crea il suo più intimo percorso: gli altari «ingessati» sembrano essere il segno della «frattura» e dell’ «immobilità» di un corpo sociale sofferente, in un angolo il fuoco, elemento intermedio tra il terreno e il divino, diventa il simbolo di un caldo barlume di speranza nel freddo buio di un’ «anima collettiva smarrita», un organo dai tasti bloccati non può più diffondere la sua «benefica» melodia, cura, come quella di Domenico Scarlatti, per una società schizofrenica. Una serie di elementi ambigui ci invitano a riflettere sulla responsabilità morale di ognuno: addormentarsi e soccombere al torpore intellettivo o reagire e recuperare una libertà di azione e di pensiero troppo spesso negata? L’ipogeo, alla base dell’installazione, è una vera e propria cripta, tetra e dall’aria rarefatta, il luogo dove giace l’ agonizzante coscienza individuale dell’uomo contemporaneo. Evidenti nell’opera i richiami a La Peste di Camus, un’amara riflessione sociale e spirituale, sul valore della vita e della morte e sulle dinamiche psicologiche che ogni singolo sviluppa di fronte alle minacce esterne.
Gian Maria Tosatti conclude l’opera ricoprendo il portone d’ ingresso della chiesa con morbida cera bianca, immagine di delicatezza e fragilità, una provocazione al degrado e all’abbandono della zona su cui insiste l’edificio, una piazza emblema di una comunità in cui da sempre dominano caos e violenza. 1_ La Peste è un sistema complesso che è stato capace di modificare alcune dinamiche collettive e comportamentali, tant’ è che, sebbene percepito in principio come un sospetto corpo estraneo, ha finito poi per integrarsi ed inserirsi silenziosamente in una area sensibile della città, diventando parte del suo intricato tessuto umano ed urbano. Il lavoro, dunque, è anche una riflessione sulla funzione pubblica dell’arte, strumento di indagine, dispositivo di coesione culturale, arma di resistenza e mezzo attraverso cui si giunge ad una maggiore consapevolezza della realtà contingente.
Gian Maria Tosatti, La Peste, primo intervento del progetto «Sette Stagioni dello spirito», promosso e sostenuto dalla Fondazione Morra e sotto il “Matronato” della Fondazione Donnaregina, di cui è parte il Museo Madre di Napoli, 1.09.2013 – 03.11.2013 Informazioni
Immagini Gian Maria Tosatti, 1_La peste, 2013, Chiesa SS. Cosma e Damiano, Napoli (installation view) / Courtesy of the artist and of Fondazione Morra