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Stefano Canto, Tao, fotografia tradizionale, 2009, Premio Terna 02
Stefano Canto è nato a Roma nel 1974, dove si è laureato in Architettura nel 2003 e dove attualmente vive e lavora. Le sue produzioni artistiche si esprimono attraverso la poetica del luogo, passando attraverso le implicazioni sociali insite nel rapporto tra uomo e architettura. «La mia ricerca artistica – afferma Canto – ha avuto inizio dall’osservazione dell’ambiente circostante, inteso come una realtà complessa, polimorfa e polisemantica, costituita da molteplici elementi, in continuo dialogo gli uni con gli altri, dotati di una propria identità e di proprie valenze simboliche, evocative e comunicative». Con questa premessa il suo lavoro si è aperto nell’ambito di campi di indagine che abbracciano la semiotica dell’oggetto, dell’architettura, dei luoghi. In una fase già matura la sua ricerca si è concentrata sulla distorsione del linguaggio degli oggetti, manipolandone la loro stessa struttura. Dalla fine del 2009 l’attenzione si è spostata dall’oggetto ai luoghi (naturali, architettonici, urbani) rivolgendo un interesse crescente per quel fenomeno della scienza urbanistica, noto con il termine «sprawl» o «Città diffusa» che vede la crescita smisurata di un’area metropolitana a discapito del territorio circostante. I suoi lavori sono stati esposti in diverse gallerie e istituzioni, tra le quali MACRO (Roma 2012); Corpo 6 Gallery (Berlino, 2012); Museo Carandente (Spoleto, 2011); Fondazione Rocco Guglielmo (Catanzaro, 2011); Wilson Art Center (Shanghai 2010); MAXXI e Tempio di Adriano (Roma, 2009); Museo Civico del Marmo (Carrara 2013), Label201 (Roma, 2014). Nel 2014 il suo lavoro è stato presentato nell’ambito della personale «All That Fall» presso la Cappella dell’Incoronazione di Palermo, spazio off del Museo d’Arte Contemporanea Riso (Palermo). Nel 2005 è stato vincitore del Premio Roma e nel 2009 del Premio Terna 02.
Tao, opera tra le vincitrici del Premio Terna 02, è una fotografia che restituisce l’effetto creato da duecento markers, il materiale catadriottico utilizzato nella segnaletica stradale. Parte del suo corpus di lavori che indagano lo spazio partendo da oggetti o elementi urbani, Tao concepisce un diverso sviluppo di un oggetto, basato sull’equilibrio delle parti.
Quale è il ruolo dell’artista nel sistema attuale dell’arte e della società?
Sicuramente all’interno del sistema dell’arte, gli artisti non hanno una posizione dominante. Sono altre le figure che dettano tendenze… curatori, collezionisti, galleristi, critici, art advisor, etc.. Personalmente preferisco rapportarmi con la società in senso più ampio, non con il ristretto mondo dell’arte contemporanea, che troppo spesso mi sembra del tutto auto-referenziale. Mi interessa trovare persone con cui confrontarmi, condividere esperienze e costruire progetti che possano catalizzare l’attenzione su determinate dinamiche ed aprire dialoghi trasversali.
Ad esempio, il mio ultimo progetto installativo All That Fall realizzato nella Cappella dell’Incoronazione, Museo RISO di Palermo in collaborazione con la N38E13, ha visto la partecipazione attiva di un pubblico eterogeneo, non strettamente legate al mondo del contemporaneo ed è stato interamente sovvenzionato dai cittadini con una campagna di crowdfunding. L’operazione è riuscita con successo grazie al fatto che le persone hanno capito il lavoro e l’hanno sentito come parte della realtà palermitana. Forse è proprio in questo rapporto di condivisione e di coinvolgimento del pubblico, chiamato ad essere parte integrante e generativa di un progetto artistico, che è possibile trovare e costruire nuove regole e soprattutto far uscire l’arte dal suo isolamento.
Premio Terna pubblicò, in una delle sue prime edizioni, una ricerca previsionale dello stato dell’arte dal 2010 al 2015. I risultati hanno aperto una finestra su quello che è agli effetti il panorama attuale. Tra questi, anche il fatto che la crisi avrebbe portato ad un superamento dell’assuefazione rispetto alle regole dominanti, oltre ad un maggiore impegno sociale dell’arte. E’ quello che sta accadendo davvero?
Sì, penso che sia quello che sta accadendo. La crisi ha spinto a riconsiderare molti aspetti, a cambiare strategie e visioni d’insieme, puntando a un riavvicinamento con il tessuto sociale, a un’arte meno elitaria e a un linguaggio più accessibile e universale.
Cosa ha significato per la tua esperienza e per la tua ricerca la partecipazione al «Premio Terna»? Quali opportunità concrete, anche di mercato, ha generato? (esempi)
La partecipazione al Premio mi ha consentito di avere un’alta visibilità a livello Nazionale, cosa che penso sia per tutti i vincitori direttamente traducibile in termini di vendite e di nuovi contatti lavorativi.
Cosa dovrebbe avere (che ancora non ha) l’Italia a sostegno della creatività per rendere il nostro paese sempre più competitivo a livello internazionale? E quale paese, su scala globale, ritieni sia il migliore da questo punto di vista?
A livello politico si potrebbe e si dovrebbe fare moltissimo, sia per incentivare il mercato (sgravi fiscali, riduzione dell’iva, magari con un’aliquota ridotta come in Francia), sia per il sostegno diretto delle Istituzioni e degli artisti (agevolazioni sugli affitti, assegnazione di spazi in disuso per scopi artistici, borse di studio e di ricerca, sovvenzioni etc.) come già succede in tanti altri paesi europei. Ma la cosa secondo me di cui l’Italia ha più bisogno è che la classe politica comprenda che la cultura è una fonte di ricchezza, che va tutelata e sfruttata in maniera intelligente, in primo luogo incoraggiando la meritocrazia. Togliere dai ruoli dirigenziali persone che non sanno svolgere il loro lavoro e lasciar operare le persone competenti, sembra una cosa ovvia, invece purtroppo da noi si ha la tendenza a fare il contrario. Penso che a livello globale l’esempio degli Stati Uniti, in cui a un mercato estremamente forte si accompagnano le più performanti istituzioni museali al mondo, sia sempre quello vincente. Il modello statunitense è la dimostrazione che se il pubblico e il privato lavorano congiuntamente su un obiettivo comune si possono raggiungere risultati incredibili.
Ci puoi raccontare come è nato il tuo interesse per la città diffusa?
La laurea in Architettura ha influenzato fortemente tutta la mia ricerca in campo artistico. Concetti come quello della «città diffusa», «sprawl», oppure della «No stop City» teorizzata dal collettivo di architetti fiorentini Archizoom, o ancora l’idea di «Monumento Continuo» pensato dal gruppo Superstudio, hanno ispirato molti miei lavori e progetti. Soprattutto mi interessavano l’aspetto di trasformazione continua dello spazio (naturale e architettonico), i processi degenerativi delle sue forme.
I tuoi progetti sono per lo più installazioni site-specific. Come poni questa tua tipologia di lavori rispetto al mercato? Quali fonti di sostegno ritieni ottimali per portare avanti percorsi di ricerca come il tuo?
Sicuramente l’installazione site specific non è un lavoro facile da proporre sul mercato, specialmente in periodi come questo. I miei interventi hanno lo scopo di sensibilizzare il pubblico su tematiche specifiche legate al contesto sociale e al territorio. Non mi interessa un discorso di protesta o denuncia, quello che cerco di fare è stimolare una riflessione e un dialogo su determinati temi di cui avverto l’urgenza. In una situazione ideale il sostegno per questo tipo di operazioni dovrebbe venire da istituzioni pubbliche o da mecenati che ne condividono gli obiettivi. Il recente progetto di Palermo, che è stato possibile grazie a una campagna di crowdfunding e alla vendita di materiali come disegni preparatori, bozzetti, fotografie, quaderni di progetto, è la dimostrazione che anche il cittadino comune nel suo piccolo può contribuire a finanziare un progetto di questo tipo, eludendo le dinamiche classiche di mercato.
In quale direzione si è evoluta la tua ricerca più recente? Ci puoi anticipare progetti e prospettive future?
Già da alcuni anni la mia ricerca si è orientata verso un approfondimento delle relazioni tra territorio e dinamiche storico-sociali che lo abitano. In questo momento sono impegnato soprattutto su due progetti una grande installazione pensata per Roma Monumento a Theo van Doesburg e un intervento per la Biennale di Kochi Muziris in India del sud.
Terna è un’azienda che si occupa di trasmettere energia al Paese. Il suo impegno con Premio Terna si focalizza sulla trasmissione di energia all’arte e alla cultura e nella creazione di una rete di sostegno e sviluppo del talento. Ritieni la formula del «Premio Terna» ancora attuale per la promozione dell’arte? Hai qualche suggerimento da dare per la prossima edizione?
Non ho seguito molto le ultime edizioni, per quanto riguarda la seconda, quella che mi ha visto più coinvolto, posso dire che era stata pensata in maniera eccellente: acquisto delle opere vincitrici, residenze premio in importanti istituzioni all’estero, presentazione dei lavori vincitori al MAXXI, al Tempio di Adriano e al Supec di Shanghai etc. Auguro a Terna di riuscire a mantenere questi livelli e consiglio di consolidare e sviluppare ulteriormente il rapporto con le istituzioni in Italia e all’estero.
Immagini (cover) Stefano Canto, Tao, fotografia tradizionale, Premio Terna 02, 2009 (1) Stefano Canto, «All That Fall», 2014, tavole in legno da carpenteria, Museo Riso, photo by FaustoBrigantino (2) Stefano Canto«All That Fall», 2014, tavole in legno da carpenteria, Museo Riso, photo by FaustoBrigantino (3) Stefano Canto, «Run to the Space», 2010, prismi specchianti motorizzati, videoproiettori, audio, Museo MACRO, Roma (4) Stefano Canto, «Stellarium», 2012, Antipodr-Neoprene, filo bianco di cotone, Museo MACRO, Roma (5) Stefano Canto, «T1», 2010, stampa digitale su carta adesiva rifrangente intagliata a plotter e scomposta manualmente.