Special project • #02 | 20.12.2013 > 10.03.2014 . Qui potete vedere la documentazione del progetto.
Fourth Dimension banner • by Chiara Passa
Chiara Passa. «Liquid Architecture» e Live Architecture
Elena Giulia Rossi
Fourth Dimension banner è il progetto che l’artista italiana Chiara Passa ha concepito come site-specific per il banner di Arshake, prosecuzione della serie di Live Architectures, installazioni digitali e interattive realizzate nel tempo in una produzione poliedrica, ideate per «ripensare l’architettura di luoghi esterni e interni in qualcosa di vivo e vibrante». Prende così forma l’«architettura liquida» del cyberspazio, come Marcos Novak aveva anticipato all’alba degli anni Novanta; architettura «metamorfica» costituita da «relazioni fluttuanti di elementi astratti»[1], architettura che tende alla musica.
Da sempre, Chiara Passa analizza i mutamenti dello spazio liquido attraverso una varietà di tecniche, tecnologie, e dispositivi. Animazioni, video, installazioni, net art, progetti interattivi, video-mapping diventano strumenti di una ricerca attenta al diverso configurarsi dello spazio così come questo è generato dal linguaggio informatico, dall’interazione con l’uomo, con cui – ad un certo punto – si confonde e si fonde.
Con Widget Art Gallery (2009-ongoing), la sua ricerca è recentemente arrivata a comprimere lo spazio virtuale e fisico in un unico ambiente creativo ed espositivo localizzato nei dispositivi portatili, «situato» nella stessa applicazione «widget» con cui è stato programmato. Il linguaggio del software diventa struttura, la figura dell’autore si dissolve in quella ubiquitaria dell’artista, del curatore e del collezionista. Operare all’interno del dispositivo portatile a cura dell’artista, diventa un «nuovo modo di fare spazio e di collocare l’opera nell’ambiente»[2], questa volta coincidente anche con l’opera stessa.
Le sue Live Architectures si comportano come se fossero «vive» («life» -appunto); «si muovono oltre la loro propria funzionalità», condizionate dall’intervento dell’uomo chiamato a determinarne anche la diversa configurazione geometrica che le struttura. Così, per esempio, è la voce degli spettatori a modificare l’architettura di Speaking at the Wall (2008) e il movimento degli stessi ad essere registrato e tradotto nelle coordinate geometriche che determinano lo spazio di Meta Motus (2010). Si tratta di «super luoghi», definizione entrata nel vocabolario di Chiara Passa già nel 2001, con cui titolava una breve animazione olografica (Super Place Project). Da allora, la sua ricerca si è evoluta ed è maturata in successive trasformazioni, nell’alternanza di video – generativi, video-mapping e installazioni interattive, performative. L’uomo è sempre presente, anche dove non appare. Il corpo è anch’esso tutt’uno con lo spazio, costituendolo «con il suo portato di abitudini, aspettative, emozioni»[3].
Fourth Dimension Banner penetra l’architettura di quella zona liminale che è l’interfaccia, pellicola sottile, epidermide tecnologica che, come quella naturale, ha superato il suo ruolo di confine tra mondo interno ed esterno. Ora, «l’immaginario virtuale tecnologico non si produce più all’interno della psiche, ma all’esterno, sopra e dentro lo schermo».[4]
Entriamo nell’interfaccia per intraprendere un viaggio tanto onirico quanto reale, dove mondi aprono le porte ad altri mondi, dove «le forme sintetiche diventano design, struttura, architettura e realtà» (C.Passa).
Lo sguardo è ora guidato all’interno dell’architettura metamorfica della soglia che porta al virtuale – oggi tutt’altro che distinta dal reale, se non a livello di rappresentazione. L’interfaccia si rivela «dispositivo funzionale, operativo, senza residui, senza incrostazioni, senza rumore».[5]
Per Chiara Passa il suono è stato spesso fondamentale nel «materializzare» la morfologia dei suoi «super luoghi». In Fourth Dimension Banner l’artista lascia che sia il silenzio a suggerire la natura della zona liminale che si sta attraversando, «finestra virtuale, che cambia la materialità dello spazio costruito e che aggiunge nuove aperture che alterano drammaticamente la nostra concezione di spazio e di tempo».[6]
Buon viaggio!
[1] Marcos Novak, Liquid Architectures in Cyberspace, in Cyberspace First Steps, Cambridge, MA: MIT Press, 1991
[2] A. Tolve, Esposizione dell’Esposizione, arshake edizioni, ebook, 2013
[3] R. Diodato, Estetica del Vrituale, Bruno Mondadori, Milano 2005, p. 129
[4] Derrick de Kerkhove, Dall’alfabeto ad Internet, L’homme «littéré»: alfabetizzazione, cultura, tecnologia, Mimesis, Collana Postumani, p.167
[5] E. Quinz, Interface World. Mutazioni della scena: dal testo all’ambiente, in A. Menicacci, E. Quinz (a cura di), La scena digitale, Marsilio, Venezia 2001, pp. 328-329 citato in R. Diodato, Ibid., p. 139.
[6] Anne Friedberg, The Virtual Window. From Alberti to Microsoft, The MIT Press 2006, intro, p. 1 (original text: a virtual windows that changes the materiality of built space, adding new apertures that drammatically alter our conception of space and of time» (introp.1)