Tempo fa, con Arshake, abbiamo introdotto la Widget Art Gallery dell’artista Chiara Passa, una galleria che esiste nello spazio di un’applicazione piccolissima, la stessa che permette di visualizzare alcune funzioni che giornalmente utilizziamo nella dash-board del nostro computer (come la calcolatrice, il meteo et.). Questa agile applicazione può essere scaricata con molta facilità su mobile devices, come iPhone e iPod touch. E’ quindi una galleria in formato tascabile, da consultare in ogni momento per vedere la mostra in corso o curiosare nell’archivio.
«Qui, in questo piccolissimo spazio – per ripartire dalla sua descrizione formulata nel 2013 – o in questa microscopica ricostruzione di un universo – secondo come lo vogliamo vedere – l’artista diventa architetto, direttore di galleria, curatore, divulgatore di opere e di artisti stimati ‘spalmati’ nel mondo ubiquitario, ma anche collezionista geloso e archivista. Tutto si intreccia in un discorso interconnesso e ricco di riferimenti incrociati semplificati nell’immediatezza visiva e nella semplicità di interazione. Le opere esposte sono realizzate in diversi formati – file audio, video, zip pack e server side procedure, e formato gif, quest’ultimo privilegiato per la sua multifunzionalità e per la natura facilmente interscambiabile tra video, foto e semplici immagini statiche» .
Dalla prima volta che abbiamo parlato della Widget sono passati tre anni. Quattro ne erano passati da quando aveva aperto le sue porte virtuali nel 2009. Molte cose sono successe nel frattempo, molti artisti si sono susseguiti nel definire quello spazio fisico così reale e così sorprendentemente malleabile, anche tra le pareti classiche in cui si materializza. Qui i lavori si sono materializzati nella percezione di media diversi, come proiezioni, installazioni, collage, materializzati in un’allucinazione percettiva, ma non per questo meno reali.
Le scelte curatoriali di Chiara Passa nella selezione degli artisti, così come il lavoro che questi hanno concepito per la Widget, hanno manifestato un interesse crescente per l’ibridazione dei linguaggi. Artisti non propriamente digitali hanno accettato la sfida di entrare nella stanza, di tradurre il loro pensiero creativo nella dimensione virtuale lasciando sempre traccia della propria cifra stilistica. Nel tempo l’interesse curatoriale si è rivolto sempre più al coinvolgimento di artisti non necessariamente legati alla media art con un’attitudine tuttavia particolarmente versatile e sperimentale. Tra questi TOMASO BINGA (all’anagrafe Bianca Pucciarelli Menna), da oltre mezzo secolo protagonista delle ricerche e delle sperimentazioni della poesia sonora, che in arte ha assunto un nome maschile per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo maschile. Così una sua performance del 1974, “Donna Ingabbiata” , in cui era nutrita da una mano maschile attraverso una gabbia, entra nello spazio espositivo della Widget (luglio-agosto 2015). L’immagine della testa che penzola dal soffitto estende la questione dell’emancipazione alla libertà dalla dimensione mediatica.
Non è stato un percorso premeditato. Per l’artista – curatrice è stato naturale seguire il cambiamento dei linguaggi che dalla tecnologia oscillano tra mondo liquido e reale, tra strumenti fisici e virtuali così come per gli artisti coinvolti è stato naturale interessarsi a sperimentare oltre la tecnica e oltre lo schermo. Oggi la Widget presenta un progetto di Michael C. Andrews, visual artist conosciuto per il suo lavoro legato al fiber art movement. «Riempio la stanza della WAG con corpi flirtanti. Ciascuno mette in atto un lento strip tease; piuttosto che rimuovere gli abiti, i corpi si attorcigliano eroticamente. Ci sono cinque performers in tutto nel corso della mostra. Ciascuno risponderà alle preferenze di ciascuno. E’ come un drag show per i senza corpo.[1]»
Un artista abituato a creare attraverso il fare, ad esplorare la scultura e l’azione attraverso la costruzione tessile, virtualizza la sua performance attraverso un atto performativo. Se accedete oggi alla Widget, potete curiosare la seconda delle cinque performance e navigare nei progetti passati attraverso l’archivio e in uno spazio che il linguaggio il linguaggio del codice lascia prender forma nostra percezione.
[1] “I’m filling the WAG room with flirtatious bodies. Each one does a slow strip tease but instead of removing articles of clothing the bodies are erotically tuning themselves inside out. There will be five performers in total over the course of the WAG exhibition. Each one will appeal to a variety o f tastes and desires. It’s like a drag show for the bodiless” (Michael).
Michael Andrews, «I don’t shake robot’s hands», Widget Art Gallery
Immagini
«All for you forever» di Andrew Benson nella Widget Art Gallery di Chiara Passa, giugno 2012 (2) «Totem» by Marco Cadioli nella Widget Art Gallery di Chiara Passa, novembre 2014 (3) «Donna Ingabbiata» di Tomaso Binga, nella Widget Art Gallery di Chiara Passa, luglio 2015 (4-5) «I don’t shake robot’s hands» di Michael Andrews nella Widget Art Gallery di Chiara Passa, giugno 2016 – ongoing